Chi ha avuto nella vita un cane o un gatto potrebbe essersi imbattuto nella displasia dell’anca, una malattia dalle conseguenze anche molto invalidanti.
Conoscerla nel dettaglio e capirne le cause e i rischi è utile anche per valutare le soluzioni possibili, al fine di garantire ai nostri pelosetti una vita sana e serena!
Vediamo dunque insieme cos’è la displasia dell’anca!
Displasia dell’anca: cos’è e da cosa è causata?
La displasia dell’anca è una patologia scheletrica degenerativa che colpisce – seppur in misura diversa – cane e gatto, mettendo a repentaglio la loro corretta mobilità. Questa malattia si manifesta durante la crescita e consiste in una malformazione dell’articolazione coxofemorale (ossia quella situata tra femore e bacino) che provoca dolore e difficoltà nella deambulazione. Nel corso del tempo la malattia può peggiorare, portare alla degenerazione della cartilagine, creare delle microfratture alle ossa coinvolte e causare l’uscita del femore della propria sede, mettendo a serio rischio la mobilità dell’animale.
Non esiste una causa univoca dietro alla displasia dell’anca, ma un insieme di fattori che possono creare o aumentare il rischio di sviluppare la malattia. Sebbene non sia stato ancora individuato con certezza il gene responsabile del problema, è certo che esso sia ereditario, ossia che ci siano soggetti più predisposti di altri e che questa propensione si tramandi nella linea di sangue. Per questo, se desideriamo adottare un cane di razza è importante rivolgersi ad allevatori seri che effettuano accoppiamenti tra esemplari non portatori del gene determinante.
Ci sono però altre situazioni che possono aumentare il rischio di sviluppare la displasia, in aggiunta alla predisposizione genetica, come i fattori ambientali e le abitudini dell’animale.
A differenza delle patologie congenite, la displasia non si manifesta alla nascita del cucciolo, ma può insorgere con il passare del tempo, anche durante i primi mesi di vita.
Normalmente si riscontra soprattutto nei cani di taglia grande e media, con un’insorgenza minore negli esemplari di piccola taglia. Non è però detto che i pet più minuti non siano interessati.
Nei gatti la displasia è meno frequente, ma rappresenta comunque un rischio da tenere sotto controllo.
Gli studi hanno riscontrato che anche la razza è un fattore rilevante. Alcune sono infatti più propense di altre a sviluppare la malattia.
Per i gatti rischiano di più i Maine Coon, i Gatti Himalayani, i Devon Rex e i Persiani, mentre per i cani è più difficile restringere il campo, poiché sono molte le razze potenzialmente interessate dal problema. Tra i più noti ci sono il Golden Retriever, il Pastore Tedesco, il Dobermann, il Bulldog Inglese e il Boxer.
La displasia non è però solo una questione di razza, ma riguarda anche il contesto in cui l’animale cresce e si sviluppa fisicamente e dal punto di vista delle abitudini.
In presenza di predisposizione genetica la malattia può svilupparsi a partire da una deformazione ossea, ma anche da un’attività fisica poco controllata e svolta in ambienti non adeguati, che rischia di creare lesioni alle articolazioni.
Anche l’alimentazione gioca un ruolo importante: determinati nutrienti come il fosforo e il calcio – così come il giusto apporto di proteine – non devono mancare nella dieta del pelosetto, per evitare carenze gravi.
Sono però altrettanto dannosi anche gli eccessi. Gli animali che raggiungono un peso corporeo o un accrescimento della muscolatura squilibrato rispetto allo sviluppo delle ossa rischiano più di altri di incorrere nella malattia.
Riconoscere i sintomi: un passaggio fondamentale
La displasia dell’anca è una malattia dall’andamento progressivo, e come tale è difficile da riconoscere fin dalle sue prime manifestazioni. Riuscire a individuarne le tracce è però molto importante per evitare che la malattia peggiori.
Una semplice zoppia del pelosetto non deve metterci in allarme fin da subito, poiché potrebbe trattarsi di un problema passeggero, ci sono però dei segnali da tenere sotto controllo.
Se cane e gatto mostrano una certa difficoltà ad alzarsi dopo essere stati seduti o in piedi o se durante la passeggiata, il gioco o l’attività fisica si siedono spesso per riposare, potrebbero manifestare una sofferenza ascrivibile alla displasia. Anche la cosiddetta andatura a coniglio è un sintomo da non trascurare: la possiamo riconoscere dalla tendenza del pet a camminare o correre alzando entrambe le zampe posteriori.
La zoppia si può riscontrare anche nelle zampe anteriori, che risentono del peso che l’animale riversa su di esse, in aggiunta a una certa rigidità degli arti, a uno stato d’apatia e a dolore alle articolazioni. In alcuni casi – solitamente sintomo di una displasia già avanzata – si può anche udire uno schiocco durante il movimento dell’animale, causato dal movimento della testa del femore.
Nel caso del gatto si può notare anche un inarcamento della schiena, la tendenza a isolarsi, e difficoltà a utilizzare la lettiera.
In presenza di questi dubbi – o per prassi verso i 4-5 mesi di vita – è opportuno eseguire vari esami diagnostici, tra cui un controllo ortopedico e una radiografia, a seconda delle indicazioni del veterinario.
Se la displasia fosse riscontrata è bene evitare la riproduzione degli esemplari affetti dalla patologia e concordare una terapia adeguata per rallentare il progredire della malattia.
C’è una cura per la displasia dell’anca?
Attualmente non esiste una vera e propria cura per la displasia dell’anca, ma ci sono diverse soluzioni in grado di limitarne le conseguenze. Una diagnosi precoce in questi casi è fondamentale per evitare un peggioramento della malattia e la compromissione della funzionalità del tronco posteriore dell’animale.
Dagli esami diagnostici è possibile anche stabilire le fasi della malattia e il grado di incongruenza dell’articolazione. In base a questo il veterinario valuta quale sia la terapia migliore per intervenire.
I casi meno gravi di displasia (o diagnosticati in tempi rapidi) possono essere affrontati tenendo sotto controllo la dieta del cucciolo durante la fase di sviluppo, così come l’attività fisica da lui svolta. Per il cane è fondamentale scegliere croccantini e bocconcini ricchi di tutti i nutrienti di cui ha bisogno, mentre le crocchette e le pappe per il gatto devono rispondere alla sue specifiche esigenze alimentari.
Il veterinario potrebbe anche consigliare di intraprendere un percorso di fisioterapia e di utilizzare appositi farmaci antinfiammatori.
I casi più seri potrebbero invece richiedere operazioni chirurgiche, volte a correggere la malformazione delle articolazioni, o l’utilizzo di tutori e protesi, per permettere nuovamente a cane e gatto di muoversi.
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