Affettuoso, giocherellone, leale ed elegante: basterebbero queste parole per descrivere il Sacro di Birmania, gatto di origine asiatica che ha ormai conquistato tutto il mondo.
Ma perché limitarsi? Le cose da dire su questo meraviglioso animale sono molte, a partire dai suoi raffinati tratti fisici, fino al suo carattere quieto e socievole, adatto alla vita con adulti e bambini.
Ecco tutto ciò che c’è da sapere sul Sacro di Birmania, un vero e proprio principe del mondo felino!
Le origini di un mito: la storia del Sacro di Birmania
La nascita di questa razza affonda le proprie radici in un passato misterioso, difficile da dipanare. Anche le ipotesi apparentemente più ovvie – ossia che sia nato effettivamente in Birmania, nello specifico in Myanmar – non sono del tutto certe, sebbene si narri che gatti di questo tipo fossero i custodi dei templi, ammirati dai monaci locali e da loro trattati alla stregua di animali sacri.
La leggenda narra che nel tempo birmano di Lao Tsun fossero allevati ben cento gatti dal pelo bianco e dagli occhi gialli, in pace e armonia con gli umani. Un giorno, tuttavia, l’equilibrio del luogo fu infranto da un gruppo di banditi che entrò nel tempio e aggredì mortalmente il monaco Mun-Ha, mentre si trovava in preghiera.
Uno dei gatti gli salì sul petto e si mostrò devoto alla dea della reincarnazione Tsun Kyan-Kse, che decise di onorare l’animale cambiando per sempre l’aspetto della razza: da candido, il pelo assunse delle tonalità dorate simili al mantello della dea, mentre gli occhi divennero color zaffiro. Le zampe però rimasero bianche, poiché – entrate in contatto con il corpo del monaco – erano degne di mostrare purezza.
Ci sono invece dati più certi (o quantomeno teorie più attendibili) per quanto riguarda la diffusione del Sacro di Birmania in Occidente (nome stabilito ufficialmente solo negli anni ’50). Si dice che il primo Paese raggiunto dalla razza a inizio Novecento fu la Francia, attraverso doni, ricompense o addirittura furti e compravendite illegali di esemplari, che contribuirono a dare vita a una discendenza europea. A queste ipotesi se ne aggiunge un’altra, che afferma che la razza fu ottenuta incrociando tra loro Persiani, Siamesi e gatti comuni a pelo lungo, fino a ottenere i tratti fisici tipici del Birmano.
Il riconoscimento ufficiale della razza – con tutti gli standard a essa associati – avvenne in anni diversi a seconda del luogo di riferimento: in Francia nel 1926, in Gran Bretagna nel 1966 e l’anno dopo negli Stati Uniti d’America. Solo nel 1979 il Sacro di Birmania arrivò anche in Italia, dove ebbe un incredibile successo, grazie al suo fascino e al carattere docile.
Sguardo magnetico e pelo magnifico
Come ogni altra razza felina ufficialmente riconosciuta, anche il Sacro di Birmania non sarebbe se stesso senza dei tratti fisici ben definiti. Quello che più conquista chi sofferma lo sguardo su di lui, non può che essere il lungo e soffice manto, che – assieme alla camminata leggera e aggraziata – gli conferisce un aspetto nobile ed elegante.
È distintivo anche il modo in cui le diverse lunghezze del pelo sono distribuite su tutto il corpo: più accentuate sul busto, sulla coda e intorno alla testa (in una sorta di bellissima criniera), più contenute su muso e zampe.
Nonostante la sua pomposità e raffinatezza, il pelo dei Birmani non è affatto complesso da gestire. La sofficità e l’assenza dello strato di sottopelo (che caratterizza al contrario molti esemplari di origine nordica per agevolare la termoregolazione) fanno sì che la formazione dei nodi sia piuttosto sporadica, rendendo così meno necessario anche l’utilizzo di cardatori.
È sufficiente curare il manto con spazzole e pettiniadatti ai gatti a pelo lungo e semilungo, circa 1-2 volte alla settimana, senza ricorrere a trattamenti particolari, se non in caso di sporco ostinato. Data la lunghezza del pelo, nel caso dei Birmani è ancora più opportuno utilizzare per la gran parte dell’anno degli ottimi antiparassitari, per evitare che insetti nocivi si annidino nel manto e mettano a repentaglio la salute del micio.
Lo standard di razza individua inoltre un altro tratto genetico importante: i cosiddetti “guanti”, ossia una colorazione candida del pelo situata simmetricamente su zampe anteriori e posteriori. Nelle zampe posteriori, accanto ai guanti, si può infine individuare anche il garretto, ossia una variazione del pelo a forma di V.
Per quanto riguarda i colori, il Sacro di Birmania non è caratterizzato da un’unica tonalità, ma ne può accogliere diverse, accettate dallo standard.
In linea di massima questi gatti vengono definiti colorpointper via delle sfumature più scure o più intense in corrispondenza di diverse parti del corpo, come orecchie, muso, zampe e coda. Solo nei maschi questa variante può riscontrarsi anche nella zona genitale.
Nello specifico, i Birmani si possono suddividere in queste principali tipologie:
- Seal-Point: presenza sfumature scure – nere o quasi nere – sul muso e sulle estremità.
- Chocolate Point: simile al Seal-Point, il pelo chiaro assume tonalità che ricordano quelle del cioccolato, come il nome suggerisce.
- Blue-Point: variante in cui i tratti scuri del Seal-Point risultano un po’ sfumati, di un grigio scuro quasi bluastro.
- Lilac-Point: presenta sfumature che oscillano tra il grigio chiaro e il rosa.
- Red-Point: questa variante di razza presenta un manto bianco in corrispondenza del busto ed estremità ramate, tipiche di un gatto rosso.
- Cream-Point: i Birmani di questo tipo sembrano quasi totalmente bianchi, fatta eccezione per delle piccole sfumature – quasi impercettibili – color beige o caffè.
- Tortie-Point: questa variante presenta bellissime sfumature marmorizzate.
- Tabby-Point: i gatti di questo tipo non si distinguono tanto per il colore, quanto per le striature nelle zone sfumate. In alcuni casi può essere presente una sorta di M rovesciata sulla fronte.
Concludono questa rassegna di tratti fisici caratteristici una testolina a forma di cuore, con cranio arrotondato, un naso di media lunghezza e un mento simmetrico. Gli occhi sono tondeggianti, leggermente obliqui e di colore azzurro-blu intenso, mentre le orecchie sono triangolari e dalla punta leggermente arrotondata.
La corporatura – solitamente massiccia – varia in base al genere: i maschi possono raggiungere anche i 4,5 kg, mentre le femmine, si aggirano attorno ai 3-4 kg.
Il compagno di giochi perfetto?
L’affetto che gli appassionati di gatti nutrono nei confronti del Sacro di Birmania non è motivato solamente dall’innegabile fascino estetico di questa razza. Anche i suoi tratti caratteriali hanno contribuito molto, nel tempo, alla sua fama e alla sua popolarità.
I Birmani hanno una storia evolutiva che li ha posti spesso al fianco dell’uomo, motivo per cui tendono a essere dei compagni di vita leali e affettuosi, abbastanza socievoli anche con gli estranei, sebbene a tratti possano manifestare segni di timidezza.
In linea di massima si può dire che questa razza non ami la solitudine, motivo per cui si trova molto bene con una famiglia in grado di dargli attenzioni e passare tempo di qualità con lui (esigenza comune, in ogni caso, alla gran parte dei mici).
Tendenzialmente tranquilli e non troppo vocali, i Birmani esprimono però molta vitalità durante il gioco (anche in età avanzata), che permette loro di socializzare e di sfogare la curiosità che li contraddistingue. Anche per questo motivo amano l’attività all’aria aperta, come la corsa e l’arrampicata sugli alberi, sebbene siano anche degli ottimi animali da appartamento.
Per fare in modo che la vita di un Birmano sia soddisfacente anche in casa, la sua routine quotidiana deve essere impostata in modo da soddisfare queste sue esigenze naturali.
È necessario in primo luogo giocare più volte al giorno con loro, puntando a un’attività ludica energica, variegata e stimolante. Il Sacro di Birmania può essere invogliato all’esplorazione tramite percorsi e soluzioni che agevolino la verticalizzazione (mensole, modelli specifici di tiragraffi, etc.), mentre possiamo farlo correre e saltare con palline, topini e cannette, tramite i quali può tenersi in forma e sfogare al tempo stesso il proprio istinto venatorio.
Il gatto Birmano non è tuttavia solo un “micio d’azione”, poiché è dotato anche di un grande intelletto, da veicolare attraverso piccoli rompicapo. Possiamo per esempio nascondere degli snack in casa e lasciare che lui li scovi, oppure farlo divertire con delle snackball.
Sacro di Birmania: salute e cure particolari
Per quanto riguarda la salute, il Birmano è un gatto che non presenta particolari patologie genetiche, sebbene abbia una leggera propensione per le problematiche renali. Altri rischi genetici riguardano problematiche respiratorie e all’apparato digerente, che possono però essere scongiurate affidandosi ad allevatori competenti, che sappiano distinguere attraverso appositi test quali siano gli esemplari adatti alla riproduzione.
Fatta eccezione per le normali visite di routine annuali dal veterinario (sempre molto importanti), non dunque è necessario prendere specifiche precauzioni, a meno che non si presentino sintomi preoccupanti, da discutere con i professionisti competenti.
È tuttavia sempre buona norma nutrire l’animale con crocchette e umido di qualità – possibilmente con una buona percentuale di proteine della carne e del pesce – e non trascurare l’attività fisica, in modo da mantenerlo in forma ed evitare le patologie legate al peso e all’inattività.
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